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Gay & Bisex

Storia 3 - Antinoo


di jacdap
25.06.2025    |    4.477    |    8 7.6
"Il modo in cui Adriano prese con sé il ragazzo durante i suoi viaggi, di come se lo tenne vicino nei momenti di maggior esaltazione spirituale, morale o fisica e, dopo la sua morte, di come si..."

Il ragazzo ha dodici anni e vive fuori Claudiopoli in una casa di campagna che cade a pezzi, dove le cose si rompono una dopo l'altra e spesso restano così, come se non valesse la pena aggiustarle. Il padre lavora nei campi, urla, prende a badilate i ratti in cucina. La madre, incinta, guarda fuori con occhi stanchi. I cani sono troppi, i debiti si accumulano e la campagna bitinica ha l'odore delle stalle, della paglia bagnata, della carne che va a male. Ha ricevuto un'istruzione elementare, sa leggere e scrivere, ma ha smesso di frequentare la scuola per dedicarsi a tempo pieno a pascolare le capre tra le sterpaglie delle colline non lontane dalla sua casa.
Il ragazzo non prova né odio né sentimenti di vendetta verso il padre che con lui ha le mani pesanti e il tono infastidito. Si prende più cura dei cani che del figlio, eppure questi si ritrova a pensare all'orazione funebre da fare davanti alla pira di suo padre morto perché la morte è una delle poche cose che, nel suo mondo, sembrano poter cambiare qualcosa.
Il ragazzo prova a farsi strada nella vita, tenta di dare un senso alle cose, ogni tanto cerca spiegazioni, ma gli adulti rispondono male o non rispondono affatto. Quando a fine gravidanza la madre sparisce per alcuni giorni, il padre dice che non può parlarne. Poi un giorno prende il carro, ci fa salire il figlio e vanno dalla nonna. In una cesta c'è la sorellina che aspettavano da tempo, ma è nata morta, il corpo ricoperto di macchie gialle e blu, i capelli radi. La madre piange, la nonna recita frasi ritualistiche valide per ogni defunto finché il padre esplode in un pianto nascosto agli occhi di tutti. È l'ennesima conferma del fatto che la sofferenza non può essere né mostrata né condivisa.
La madre resta dalla nonna. Il padre torna e riprende a sbrigare le faccende che tengono insieme le ore. Il poco tempo che il ragazzo sottrae ai doveri impostigli, lo dedica ad allevare dei piccoli pesci fragili che nuotano in silenzio in un piccolo laghetto alimentato da una piccolissima sorgente fra le rocce, un mondo chiuso come il suo. Per quanto piccola la sorgente è attiva tutto l'anno e il ragazzo vi costruisce attorno una specie di abbeveratoio che fa anche da raccolta di acqua e con tegole e cocci lastrica e ricopre il percorso sinuoso che porta al laghetto riducendo la dispersione idrica e mantenendo l'acqua pulita.
Il padre un giorno gli dice che non si può essere tutti tristi per troppo tempo e gli chiede cosa ne pensa. Ma il ragazzo ascolta e tace e qualche giorno dopo il padre se ne va. Il ragazzo comincia a prendere coscienza della distanza fra ciò che si sente e ciò che si può dire, tra l'inadeguatezza degli adulti e la lucidità muta dei bambini. Nella casa è venuta una nuova famiglia, Il ragazzo sta con le sue capre ai limiti del bosco dove si è costruito una capanna. Si nutre di latte di capra e si lava nel laghetto dei pesci.
Ha i lineamenti morbidi, leggermente arrotondati; le labbra sono spesse, ma senza che la bocca risulti molto grande, mentre il naso si dirige diritto in direzione delle sopracciglia incurvate. L'aspetto è generalmente alquanto assente e, soprattutto, attraversato da un'aura malinconica che finisce col pervaderne l'intera persona. Particolarmente suggestivi sono i riccioli che cadono attorno al collo: a prima vista, questi possono apparire caotici, tuttavia, se si guarda più da vicino si viene a scoprire che essi seguono invece un ordine ben preciso e rigoroso.

Siamo nel II secolo d.C. e i protagonisti della nostra storia sono il celebre imperatore Adriano e l’affascinante giovane Antinoo. I genitori di Adriano morirono quando lui aveva nove anni. e crebbe con una nutrice di nome Germana, una schiava di origini germaniche successivamente liberata che gli sopravvisse arrivando a morire a ottant'anni. L'imperatore Traiano, che non aveva avuto figli, divenne di fatto il tutore del giovane. Plotina, la moglie di Traiano, lo trattò sempre come proprio figlio e lo spinse a sposare Vibia Sabina, una parente dell'imperatore. Il matrimonio avvicinò Adriano alle stanze del potere ma, per il resto, fu un fallimento. Adriano non mostrava alcun interesse per le donne mentre invece era palese il suo apprezzamento per i ragazzi e i giovani uomini.
Morto Traiano e salito al trono, non mancò di  ricorrere a metodi brutali per estromettere i vertici militari e ottenere la ratifica da parte dell'esercito, che acclamò il nuovo imperatore e chiuse ogni cavillo riguardo la successione, questione chiusa, peraltro, con l'allineamento del Senato. Sia i militari sia i senatori sapevano di trarre notevoli benefici dalla loro acquiescenza. La fulmineità dell'ascesa al potere, accompagnata dall'eliminazione fisica dei principali potenziali dissidenti o concorrenti, portò a un insediamento rapido, seguito da un continuo rafforzamento che durò per tutto il ventennio in cui Adriano rimase al potere. Fu uno dei pochi imperatori morti per cause naturali e non assassinati in una congiura.
Un caposaldo della politica adrianea fu la promozione di una riforma legislativa per alleggerire la posizione degli schiavi i quali si trovavano in situazioni disumane. Anche nei confronti dei cristiani mostrò maggiore tolleranza dei suoi predecessori. Attuò riforme in campo giuridico e in quello della pubblica amministrazione. Appena il suo potere fu sufficientemente consolidato, intraprese una serie di viaggi in tutto l'Impero per rendersi conto di persona delle esigenze e prendere i provvedimenti necessari per rendere il sistema difensivo efficiente.
In questi lunghi viaggi non si occupò solo di questioni legate alla difesa dei confini, ma anche di esigenze amministrative, edificazioni di edifici pubblici e, più in generale, di cercare di migliorare lo standard di vita delle province. Al contrario di altri imperatori, che governarono l'impero senza muoversi praticamente mai da Roma, Adriano scelse un metodo di conoscenza diretta. Un altro elemento era la curiosità propria del suo carattere e la propensione per i viaggi, che lo accompagnò tutta la vita. Poiché non era incline, già da giovane, a distinguersi per lussi particolari, si spostava a cavallo e condivideva in tutto la vita rude dei legionari.
E con un manipolo di questi, attendato poco fuori Claudiopoli, in Bitinia, Adriano una mattina andò a caccia con altri due giovani cavalieri nel bosco poco lontano. Vedendo un laghetto, si fermarono ad abbeverare i cavalli.
- Fa caldo e non c'è selvaggina - disse l'imperatore - fermiamoci un po' all'ombra. Si tolse il mantello porpora che era l'unico elemento che distingueva la sua lorica da quella dei suoi soldati. 
- Ci starebbe bene una rinfrescata... - mormorò uno dei due militi. 
Adriano udì e li incoraggiò a farlo. Non era solo magnanimità, Adriano godeva e si eccitava a vedere spogliarsi i bei giovani snelli e muscolosi. Questi, nudi che furono, si contorcevano sinuosamente in acqua scherzando tra loro. Di lì a poco lo sguardo dell'imperatore colse un ragazzetto che, poco lontano, li stava fissando; ordinò ai due giovani di andare a prelevarlo e i due schizzarono nudi fuori dall'acqua correndo verso Antinoo. Questi rimase fermo e silenzioso mentre i due gli comandavano di seguirli. Antinoo indugiava a guardare i loro due cazzi lunghi e scuri con la base incorniciata da una selva di peli neri dalla quale si dipartiva verso l'altro una striscia di peluria che arrivava all'ombelico e proseguiva al di sopra allargandosi poi sul torace. I due lo afferrarono sotto le ascelle e lo portarono al cospetto dell'imperatore.
- Forse non capisce il latino perché non parla - disse uno dei due.
Adriano in greco gli chiese come si chiamasse e Antinoo, staccato lentamente lo sguardo dalle nudità dei due, lo rivolse con fierezza all'imperatore che ancora indossava la lorica. Dopo qualche attimo, guardandolo negli occhi, Antinoo gli parlò in latino:
- Antinoo è il mio nome, divino Cesare.
Adriano sorrise, allungò una mano al mento del fanciullo alzandogli il viso e guardandolo negli occhi che erano di un limpido color ambra. Turbato da tanta bellezza, disse ai due soldati di rivestirsi e chiese al giovanetto come sapesse chi lui fosse.
- Oh eccelso, la tua immagine è su tutte le monete. Non ne ho avute tante per le mani, ma una barba importante come la tua rimane impressa nella mente.
Adriano era favorevolmente impressionato dall'eloquio del giovanetto e gli chiese a quale scuola andasse. Il giovane disse che non vi andava più e che non aveva più neppure una famiglia.
Fu un tutt'uno caricarlo sul cavallo di un milite, mettersi il mantello e ripartire per l'accampamento.
In quel momento Adriano aveva 47 anni ed Antinoo 12.
Un paio di giorni dopo uno dei suoi migliori messi imperiali, capace di fare anche 50 miglia al giorno a cavallo, accompagnava a Roma il ragazzo per perfezionare la sua istruzione superiore al Pædagogium imperiale sul colle Palatino. L'imperatore continuò il suo viaggio in oriente per oltre un anno. Quando vedeva dei begli adolescenti li confrontava mentalmente col giovane Antinoo e non ne trovò mai uno che lo uguagliasse in bellezza. Questi più o meno involontari confronti non facevano altro che aumentare il suo struggimento per la sua lontananza.

L'imperatore non era il solo a subire il fascino di Antinoo: anche il messo imperiale che stringeva tutti i giorni davanti o dietro a sé sul cavallo al galoppo il giovane ne era turbato. Nelle mutatio faceva solo il cambio del cavallo, ma nelle mansio in cui c'era anche la taberna ci pernottava. In una di queste si concedettero un bagno in una grande tinozza. L'ancella addetta era vecchia per cui quando Antinoo insistette per allontanarla, il messo l'esaudì già immaginando un coito col giovane. Antinoo si lavò per primo molto rapidamente determinando nell'adulto una cospicua lubrica concupiscenza, poi lo aiutò nelle abluzioni. Di fronte alla sue vistosa erezione anche il giovane inalberò la sua asticella che inaspettatamente l'adulto inghiottì. Poi gli chiese di fare altrettanto con lui ed Antinoo rivelò una inspiegabile maestria nel far godere il messo che pensava già alla prossima deflorazione del ragazzo. Ma al primo accenno della cosa, Antinoo disse:
- Sono giovane ma non sono stupido e so cosa hai in mente. Ma vorrei chiederti se hai presente chi mi ha affidato a te per accompagnarmi a Roma.
Il messo balbettò qualcosa di poco comprensibile. Antinoo continuò:
- Secondo te, quando Cesare tornerà a Roma cosa pretenderà da me? E come vorrà trovarmi? Se ti va posso darti piacere con mani e bocca ma non di più. E comunque l'imperatore non dovrà saperlo. Anzi nessuno dovrà saperlo.
Il messo, intimidito, annuì e si pose a dormire, ma durante la notte Antinoo gli si avvicinò e lo baciò leggero. Il messo imperiale si svegliò e lo baciò appassionatamente. Antinoo corrispose e gli afferrò la verpa che si era inalberata, l'agitò un poco, la baciò sul balano e poi la inghiottì. Il messo si godeva la fellatio e, presa la testa del giovane per tenerla ferma, mimò un coito, ma Antinoo lo allontanò dolcemente riprendendo a leccare l'asta dall'alto al basso scendendo alle palle che succhiò dolcemente una alla volta. Non seppe dirsi il perché ma gli venne spontaneo leccargli anche l'ano e qui il messo proruppe in una eiaculazione superlativa.
- Ma chi ti ha insegnato queste cose? - chiese poi mentre gli accarezzava i capelli.
- Veramente nessuno, mi vengono spontanee...
Queste nottate si ripeterono più o meno simili finché non raggiunsero Roma. Il messo riuscì a frenarsi ogni volta che avrebbe voluto violentare Antinoo anche perché questi riusciva comunque a dargli godimento in modo sopraffino con la bocca. E pure a cavallo, voleva stargli dietro così da abbracciarlo, toccargli il cazzo, farglielo indurire e segarlo finché il dorso del cavallo non era ricoperto del suo seme. E quando dovette lasciarlo fu preso da uno sconforto che rasentava la disperazione.

Al Pædagogium Il giovane eccelse presto tanto nelle discipline umanistiche quanto in quelle sportive. Sapeva tirare d'arco superbamente e se la cavava dignitosamente con la daga e il gladio. Si era costruito un fisico d'eccellenza e la sua bellezza, con la virilità si era perfezionata. Alla scuola tutti sapevano chi era e a cosa era destinato per cui nessuno ci provò mai con lui sebbene Antinoo un cazzo in bocca l'avrebbe accolto molto volentieri. Ma dovette aspettare quasi due anni, finché Adriano non tornò a Roma e si stabilì nella sua residenza di Tivoli. Non fece passare molto tempo prima di mandarlo a prendere. Quando lo rivide non credette ai suoi occhi: aveva di fronte un quattordicenne che dimostrava più dei suoi anni e che salutò come il "ragazzo più bello del mondo". E subito lo provocò:
- Dunque, bel giovane, ti sei fatta una cultura per argomentare col tuo imperatore? - e citò un aforisma di Plutarco: "La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere".
Subito Antinoo replicò citando Eraclito:
- "Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi".
Aveva una voce profonda e morbida, estremamente melodiosa, ma ferma e virile. E l'accompagnava uno sguardo fiero, ma non sfrontato e un impercettibile sorriso triste.
- Vieni ed abbracciami Antinoo, mi sei molto mancato...
Il giovane si avvicinò, si inginocchiò e poi gli abbracciò le gambe appoggiando la testa sul suo grembo. Adriano gli accarezzava i riccioli e ciò determinava in lui un'incipiente erezione e in Antinoo un piacevole senso di languore.
- Vuoi restare a dormire qui con me questa sera, Antinoo?
- Sono lusingato da questo privilegio mio Cesare... sono due anni che aspetto questo momento...
Adriano chiamò un'ancella perché preparasse un bagno per Antinoo il quale, sebbene non ne necessitasse, stette a lungo immerso nella tinozza d'acqua calda. Lo raggiunse la vecchia nutrice dell'imperatore con oli profumati. Mentre l'asciugava gli disse:
- Sei un fiore raro... sai cosa ti aspetta stanotte?
- Sì, nutrice.
- Sei già stato con uomini?
- Mai, nutrice - rispose in parte mentendo.
- Ma sai quello che probabilmente avverrà?
- Cesare è il ritratto della saggezza e certamente saprà come e cosa fare se vorrà farlo. Il mio più forte desiderio è renderlo felice.
Germana riferì queste parole all'imperatore chiamandolo col suo nome da adolescente:
- Publio Elio Adriano... hai a disposizione un fiore di cui nessun insetto ha ancora succhiato il nettare. Fanne buon uso.
Sì, forse ne fece buon uso, ma non fu certo né tenero né dolce. C'è da dire che Antinoo forse era intimorito dal ruolo, dal posto, dal fatto che tutti sapessero cosa stava facendo e non prese le iniziative come col messo imperiale. Non voleva che Adriano pensasse che lui fosse un cinedio navigato e l'imperatore cominciò a pensare che stesse fingendo, anche perché il Pædagogium era noto come il miglior luogo in cui i giovani erano educati anche ai piaceri del sesso. Così, dopo aver dispensato a lungo baci e carezze, gli infilò brutalmente due dita nel culo. Antinoo si morse le labbra per non urlare mentre Adriano spingeva sempre più a fondo.
- Ora... quando toglierò le dita da questo bel culetto sai cosa ci metterò?
Antinoo boccheggiando rispose citando Socrate: - Cesare, so di non sapere... - ma non ebbe tempo di dire molto altro in quanto il suo Cesare, tolte le dita gli afferrò le spalle, lo assestò in posizione canina e lo infilò brutalmente. Ad Antinoo parve si spalancassero gli inferi sotto di sé: un dolore lancinante lo pervase dalla cima dei capelli alla pianta dei piedi, ma non urlò, si ritrovò solo ad invocare Atropo perché tagliasse il filo della sua vita in quanto il dolore era insopportabile e continuava, e continuava e no, non si attenuava sebbene sperasse in una sua assuefazione... Quando Adriano si scaricò in lui grugnendo Il suo seme caldo parve al giovane come acido dentro alle viscere e quando poi l'imperatore estrasse la sua verga sdraiandosi mollemente a fianco del giovane sospirando profondamente, Antinoo non riuscì a contrarre del tutto gli sfinteri e il letto si sporcò. Subito scivolò fuori profferendosi in scuse, ma l'imperatore, vedendo che oltre a sperma si trattava di sangue e non di altra sostanza scura, si sentì molto in colpa per non aver dato peso a quanto asserito dalla sua nutrice. Chiamò il giovane a sé dall'altra parte del letto, gli prese il viso tra le mani, lo baciò e l'abbracciò e, scusandosi per il male arrecatogli, pianse.
Antinoo lo abbracciò a sua volta:
- Cesare, so che la prima volta è così per tutti e per tutte, ma so anche che poi sarà una cosa piacevole.
- Certo, mio amato... e d'ora in poi dormirai sempre con me. Fra qualche giorno vedrai che, quando lo rifaremo sarà molto più piacevole...
- Certo eccelso, specie se tu sarai più delicato. Lascerai almeno che te lo lubrifichi prima...
Adriano non si aspettava questa risposta ed elargì al giovane una serie di amorosi baci e languide carezze per tutto il corpo che in breve gli procurarono una nuova erezione. Accortosene, Antinoo si prodigò in una superba pompa che in breve indusse nell'imperatore un secondo inaspettato orgasmo. Antinoo non aveva mai bevuto sperma ma questa volta lo fece e lasciò che l'uccello del suo imperatore si ammollasse nella sua bocca.
- Dove hai imparato a fellare in questo modo sublime? - chiese Adriano.
Di nuovo Antinoo mentì parzialmente:
- È la prima volta... mi è venuto spontaneo... 
- Ma io ti ho sfondato... dovresti odiarmi...
- Cesare io ti amo... credo di averlo fatto prima ancora di conoscerti...
E la Notte colse i due amanti abbracciati e il suo sposo Ipno sparse sui due un sonno dolce e profondo ed entrambi convinsero il loro figlio Morfeo a non generare in loro nessun sogno, neppure piacevole. Doveva essere un inizio in cui non doveva esserci spazio per nessuno e nessun'altra cosa.

Da allora Antinoo fece parte del seguito personale dell'imperatore e lo seguì in tutti i suoi viaggi nel suo vasto impero. La sintonia intellettuale, oltre alla comune passione per la caccia, potrebbe ulteriormente spiegare la forte attrazione presente tra i due; Adriano stimava il ragazzo per la sua bellezza ed intelligenza, Antinoo ammirava invece l’imperatore come un saggio. Tra loro vi era un rapporto profondo, di affetto e stima, di reciproco rispetto e forte complicità. E come tutte le storie più romantiche, non ebbe un lieto fine.
Il modo in cui Adriano prese con sé il ragazzo durante i suoi viaggi, di come se lo tenne vicino nei momenti di maggior esaltazione spirituale, morale o fisica e, dopo la sua morte, di come si circondò delle sue immagini, mostra un desiderio ossessivo per la sua presenza, un bisogno mistico-religioso di avere la sua compagnia.
A corte comunque la loro "vicinanza" non dava adito a dubbi sul fatto che si trattasse di un amore non certo platonico. È da rilevare che, in ogni caso, Antinoo fu sempre estraneo agli intrighi di corte e che non utilizzò mai a proprio favore l'influenza che aveva sull'imperatore per trarne un qualche guadagno personale.
Intanto l'imperatore cominciò ad essere afflitto da uno strano male che i medici non furono in grado di spiegare, tuttavia partì ugualmente per una serie di lunghi viaggi. 
Ad Atene Adriano partecipò alle celebrazioni annuali degli esclusivi misteri eleusini, celebrazioni religiose che conferivano soltanto a chi vi era ammesso la certezza di una sorte migliore nell'al di là. Antinoo rimase al suo fianco per assisterlo e in quest'occasione il giovane fu iniziato ai misteri sacri che lo pervasero profondamente.
Ad Alessandria d'Egitto fecero visita al mausoleo dove era custodito il sarcofago di Alessandro Magno e sebbene la cerimonia fosse accolta tra le lodi pubbliche, alcuni degli atteggiamenti e delle azioni di Adriano irritarono l'élite della società ellenizzata cittadina, che cominciò a spettegolare sulle sue attività sessuali, compresi i rapporti intimi che l'imperatore intratteneva con Antinoo che ormai non aveva più quella bellezza adolescente eterea e glabra che li avrebbe giustificati essendo diventato invece sempre più muscoloso e peloso.
- Sei diventato uomo a tutti gli effetti... - gli mormorò una sera l'imperatore mentre gli accarezzava i peli del petto.
- Hai sentito le voci di biasimo sul nostro rapporto eh? Non è che mi vuoi sostituire con Lucio Elio Cesare, quel giovane aristocratico imberbe che ti mangi con gli occhi, apparentemente ricambiato?
- Con lui è solo affetto, con te è amore. E poi questi muscoli mi piacciono...- e gli mordeva un bicipite - e pure il resto... - e gli mordeva un capezzolo - senza contare che, volendo, i peli si possono togliere, le femmine lo fanno da sempre con limone e miele... - e qui gli stava mordendo un fianco - e poi questa verpa è stupenda...- e inghiottì l'uccello di Antinoo fino alla base. Dopo alcune succhiate passò al buchetto che lubrificò bene finché non lo vide palpitare.
- Mettimelo Cesare, ti prego... con te voglio essere una cosa sola...
E Adriano lo infilò con vigore e lo cavalcò qualche minuto potentemente. Quando si scaricò, gli si accasciò sopra dicendo:
- Ma noi siamo già una cosa sola...
Più tardi Antinoo chiese se aveva ancora quelle fitte al petto per le quali i medici gli avevano consigliato di non far sforzi...
- Qualche volta - disse Adriano - ma d'altra parte deve essere normale dato che gli astrologi mi hanno detto che morirò entro l'anno...
- Dobbiamo tornare ad Eleusi e consultare Demetra e Persefone...
- Faremo meglio, andremo ad Ermopoli in Egitto al santuario del dio Thot poi all'oracolo di Bes per la festa di Osiride. Ma ora dormi abbracciato a me.
Ma Antinoo non dormì. Ad Eleusi aveva maturato la convinzione, peraltro molto diffusa, che la morte di una persona avrebbe potuto ringiovanire o ridare la salute a un'altra, e Adriano era malato e cagionevole da molti anni. in questo scenario, Antinoo decise che avrebbe sacrificato sé stesso nella convinzione che il suo amato avrebbe potuto così recuperare le forze. Per di più, nella tradizione egiziana si riteneva che i sacrifici di maschi adolescenti al "Signore Nilo", in particolare al momento della festività che si svolgeva in ottobre al signore dell'oltretomba Osiride, garantiva una vita luminosa nell'oltretomba al sacrificato oltre a una piena abbondante del fiume con relativa fertilità per l'intera valle.
E Antinoo nel 130 d.C., mentre accompagnava l’imperatore in Egitto, morì in circostanze misteriose. Ciò che è certo è che fu ritrovato morto in acqua come pure è certo l’immenso dolore che Adriano provò per la prematura scomparsa del suo più fidato e amato compagno.

Adriano annunciò pubblicamente la sua avvenuta scomparsa e una gran quantità di pettegolezzi e voci disparate si diffusero presto in tutto l'Impero, riguardanti il fatto che il giovane fosse stato intenzionalmente ucciso e l'esatta natura degli eventi accaduti è nota solo ad Antinoo, ed è possibile che lo stesso imperatore non abbia mai conosciuto la verità.
Devastato dalla morte di Antinoo, sperimentando forse anche una certa qual forma di rimorso, Adriano diede ordine alla casta sacerdotale egizia di divinizzare immediatamente il giovane identificandolo con Osiride per le modalità in cui era avvenuta la sua tragica scomparsa.
Non è chiaro fino a che punto Adriano credesse sinceramente al fatto che il suo amante fosse diventato un dio ma comunque lo divinizzò e fondò un culto organizzato dedicato alla sua persona, che si diffuse presto a macchia d'olio in tutto l'Impero; poi, sempre per commemorare il proprio diletto, vicino al luogo dove il giovinetto aveva trovato la sua fine terrena, fondò la città di Antinopoli che divenne un centro di culto per l'adorazione del "dio Antinoo" in forma di Osiride e istituì anche giochi in commemorazione del ragazzo, che si tenevano in contemporanea ad Antinopoli e ad Atene, con Antinoo divenuto simbolo dei sogni panellenici dell'imperatore.
Dai suoi vari fedeli, Antinoo è stato interpretato in maniera diversa per varianti regionali e culturali. In alcune iscrizioni viene identificato come un eroe divino, in altri come un dio vero e proprio; in molte iscrizioni egizie egli è descritto sia come un eroe sia come un dio. Le iscrizioni indicano che Antinoo è stato percepito principalmente come una divinità benevola, che portava aiuto ai suoi adoratori; è stato visto anche come vincitore della morte, con il suo nome e la sua immagine spesso incisi nelle bare.
Uno studioso di astrologia vide apparire del tutto inusitatamente nel cielo notturno un nuovo "astro errante" in congiunzione con la fase di luna crescente: lì con tutta evidenza doveva essere stato portato il Ka di Antinoo ad opera del dio greco Zefiro. La costellazione era detta "di Ganimede" ed era vicino alla Freccia, dai più ricollegata al dio Eros: la saetta stellare che colpì diritto al cuore il re degli dei non appena vide il bellissimo ragazzo troiano, la stessa che colpì l'imperatore davanti al ragazzo bitinio. Raggruppati gli uni vicino agli altri, gli astri della costellazione di Antinoo figurano come un piccolo ammasso luminoso intrappolato fra gli artigli dell'Aquila. Antinoo era così divenuto il nuovo Ganimede.
L'ossessione per l'immagine di Antinoo, che caratterizzò la vita dell'imperatore Adriano dopo la morte del giovane amante, e la profusione di statue a lui dedicate a questo scopo, rendono il viso del giovane bitinio uno dei meglio conservati dell'antichità, presente su busti, statue, gemme, bassorilievi, disegni e incisioni: senza dubbio un caso unico nella storia dell'arte di tutti i tempi di conservazione della memoria di un volto in nome dell'amore di un uomo nei confronti di un altro uomo.
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